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Manager per il business fluido: quali caratteristiche, quale formazione

Tutto sotto controllo? Vuol dire che vai piano!

«Se hai tutto sotto controllo, vuol dire che stai andando troppo piano». Le parole di Mario Andretti, storico pilota di Formula 1, suonano come un monito per le aziende italiane, spesso ancorate a modalità operative che si ripetono nel tempo e affezionate a un eterno “noi abbiamo fatto sempre così”.

Purtroppo (o per fortuna) viviamo ormai in un contesto nel quale i cambiamenti repentini sono la norma e gli sviluppi pianificabili sono l’eccezione. E negli attuali sistemi aziendali complessi, dal punto di vista organizzativo, di mercato, di geografie, di processi produttivi è quasi impossibile che si possa avere davvero tutto sotto controllo. Se però questo avviene, probabilmente il motivo di fondo non sta in una gestione perfetta, ma nel fatto che c’è una resistenza al cambiamento in azienda e che non si punta con convinzione alla crescita di quest’ultima.

Alla ricerca del manager perfetto

Può esistere un “manager perfetto” in grado di infondere solide certezze in un business necessariamente fluido? Quale management può risultare più coerente e attrezzato per gestire la continua e rapida trasformazione aziendale?

Per svolgere al meglio il suo compito di gestione del cambiamento in azienda, un manager ad interim deve esercitare il pensiero critico e la capacità di giudizio, deve possedere l’etica, l’attitudine sempre crescente alla gestione di tutti gli stakeholder, lo sguardo rivolto al business system e alla filiera di cui si è parte, non solo al perimetro strettamente aziendale, l’attenzione alla sostenibilità e alla responsabilità sociale d’impresa. E deve saper esercitare la leadership in azienda. Ma tutto questo non basta.

Un uomo solo al comando? No, grazie

Secondo una statica visione tradizionale, la leadership è impersonata da un individuo carismatico che con i suoi valori etici e il suo esempio sul campo è in grado di dare senso alla realtà e mobilitare gli altri verso l’azione. Un modello che diventa il prototipo di riferimento da osservare e da copiare. Il percorso della leadership in questo modello è lineare e segue una serie di tappe obbligate: studio del contesto, identificazione dei problemi da affrontare, analisi e definizione delle soluzioni, comunicazione dell’iter da seguire.

Tutto corretto, ma in una società più lineare che non esiste più. Oggi il leader dev’essere “primus inter pares”, deve saper governare un team in continuo movimento e condividere le decisioni con una platea più collettiva e diffusa, distribuita tra diversi attori dell’organizzazione, anche ai livelli di base e di management intermedio, assicurandosi che l’organizzazione non vada fuori strada e ponendo obiettivi ambiziosi. Deve valutare non solo le performance guardando i numeri, ma anche come i suoi collaboratori guidano il cambiamento e valorizzano le risorse e i talenti.

La leadership: questione di stoffa

Il successo della gestione di un’azienda che mira alla crescita si basa sulla “stoffa” e sulla leadership dei manager che la guidano, spesso in un contesto complesso e nel quale le condizioni di contorno sono estremamente dinamiche. Oggi esercitare la leadership vuol dire mettere in moto un processo organico di co-creazione e di allacciamento di nessi relazionali, spesso temporanei, che seguono traiettorie intrecciate. Nei gruppi di lavoro in cui le relazioni seguono linee gerarchiche la performance è costantemente inferiore a quella dei gruppi per i quali le relazioni sono multidirezionali e molto più caotiche.

I team in cui tutti comunicano con tutti, ci si scambiano informazioni con maggior frequenza e ci si rapporta naturalmente e spesso con entità esterne al gruppo stesso hanno evidenziato performance molto superiori a quelli organizzati in maniera più tradizionale, scientifica e deterministica. Una sorta di processo di brainstorming continuo, dove tutti sono connessi e coinvolti nel processo di leadership, nel dare significato, nell’identificare temi e possibili soluzioni, nell’orientare le azioni.

I nuovi manager: non solo ingegneri

Per avere successo nel mondo fluido, il manager dev’essere un creatore di contesti, capace di dare vita a nuovi ambiti organizzativi non necessariamente permanenti, in cui gruppi di lavoro possano attivare in maniera flessibile processi di mobilitazione delle persone verso l’azione. Dovrà inoltre saper governare il contesto, dove l’elemento della misurazione rimarrà centrale all’azione del management, e assicurarsi che le persone del proprio team conoscano lo stato dell’arte dei diversi processi attraverso i quali l’organizzazione soddisfa il proprio scopo.

Oggi i top manager delle aziende hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, una formazione tecnica o economico-finanziaria. Moltissimi sono laureati in ingegneria o in economia e commercio. In generale si tratta di facoltà che attrezzano i loro studenti di una forte attitudine quantitativa, necessaria per l’oggettivazione dei fenomeni, di capacità analitica, necessaria per andare a fondo nelle cose, e di un certo rigore metodologico. Tutte competenze coerenti con il modello di leadership individualistica in un mondo deterministico, meno al mondo fluido.

Guidare il flusso delle idee

Il manager che vuole essere leader in un mondo fluido deve mostrare di possedere doti mentali che vadano al di là dell’intelligenza logico-matematica, che riguarda il ragionamento deduttivo, la schematizzazione e le catene logiche, ma non è sufficientemente duttile nel nuovo contesto.

Deve guidare il flusso delle idee e creare l’infrastruttura organizzativa, culturale, sistemica, informativa, per far sì che la produzione e lo scambio di idee avvengano nel modo più efficiente e trasparente possibile. Deve stimolare un’attitudine culturalmente favorevole al rischio, al coraggio delle idee e alla messa in discussione dello status quo.

Per prosperare nel mondo dell’incertezza serviranno sempre di più competenze e forme di intelligenza che i percorsi accademici che tradizionalmente vengono privilegiati non contribuiscono più di tanto a sviluppare. Serve la curiosità di capire gli altri, la spinta autonoma ad aumentare la propria cultura, la scelta di sviluppare esperienze personali al di fuori della propria comfort zone.

Una serie di caratteristiche che, unite alle capacità operative e alle competenze maturate, disegnano perfettamente l’identikit degli Executive Interim Manager che EIM è sempre pronta ad accogliere nella sua Community, a beneficio di tutte le aziende italiane che vogliono tornare a crescere.

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